Essere insegnante di religione oggi!

Già una bella impresa!
Si fa un gran parlare di rispetto, diritti, si difende ogni tipo di minoranza o differenza in nome della libertà di scelta, ma se un collega di religione si azzarda a chiedere collaborazione per portare alcune classi all'udienza del mercoledì dal Papa in Vaticano, la risposta non è un semplice "No", è un'arringa piena di odio e di rancore verso il Papa e la difesa della laicità della scuola!
Chi crede sa che questo è un passaggio inevitabile nel proprio cammino di fede. Non sarebbe cammino cristiano se la strada fosse lastricata di consensi e sostegno, anche se siamo ben lontani dal martirio!
Chi crede sa che quell'odio così tangibile nelle parole e nei gesti non è rivolto a lui come persona, ma a Cristo o alla Chiesa, oppure ad entrambi.
Eppure ogni volta rimani tramortito.
Era tanto che non mi arrivava addosso l'irruenza del rancore e ancora lo devo smaltire. E non devo smaltire solo quello, quanto anche il silenzio degli altri. Un silenzio imbarazzato non di saggezza e buon senso. Il silenzio di chi non si espone, di chi condivide magari solo il contenuto dell'arringa.
Già, ma la fede ha la in sé una grande forza.
Cristo non ha bisogno di essere difeso da noi e se nelle mie parole ha visto Lui posso solo gioire di questo. Se invece, come penso non è neanche con la Chiesa in generale, ma con il potere della Chiesa che si concretizza il suo rancore, allora è il giusto prezzo da pagare per quella parte di Chiesa che ha dato scandalo per secoli e secoli e continua a scandalizzare. Un po’ come in una famiglia in cui esistono mele marce anche gli altri sono costretti a portarne il peso, volenti o nolenti. Fa male, ma puoi farci poco. Puoi solo smaltire l’accaduto e tornare a sorridere restituendo la pace che hai ritrovato in te stessa, pensando magari che per chi non ha fede è davvero difficile smaltire il rancore della discriminazione.