Tornare in Abruzzo
Quando si frequenta per tanti anni, quasi trenta, un paese ci si abitua a vedere la sua gente che cresce, che invecchia e che muore. Le case invece, le strutture, le strade pur cambiando migliorano e vengono abbellite: ora con i fiori, ora rifacendo il manto stradale, ora i marciapiedi e le aiuole. Ogni anno arrivando in estate nelle chiacchiere di piazza c'era il commento per questo, per quello, l'euforia della novità o la delusione per qualcosa di fallito, magari un negozio che non riapriva. Ci sono cose che pur mutando nel tempo ci sembrano nelle loro essenzialità immutabili, certe, sai che le ritroverai. Ogni estate affacciandomi al balcone per stendere i panni assaporo il caldo del sole, l'aria fresca e rivedo con gli occhi dei ricordi molte delle scene della mia vita estiva e quel luogo ormai è diventato parte della mia storia, tanto da sentirmi quasi adottata da quel paese. Quest'anno è diverso qualcosa è cambiato come una frattura, una profonda ferita nella storia. Già arrivando si vede il paese mozzato, senza punta. Entrando i giardini trascurati, molte case chiuse. Nella piazza del paese si parla di una sola cosa e c'è ancora chi piange, chi ha lo sguardo smarrito, chi scuote la testa. Dall'albergo in piazza non escono i tradizionali turisti, ma aquilani, con il volto tirato che hanno voglia di parlare e raccontare ritenendosi doppiamente fortunati: sono vivi e riescono a dormire sotto un tetto. C'è ancora un grande tendone rimasto come regalo da chissà quale associazione che viene utilizzato ora per riunioni, ora per le celebrazioni. Il G8 ha portato un po' di vita e di movimento, di sorriso perché ha ricreato lavoro almeno per una quindicina di giorni. Il turismo di luglio è più che dimezzato e la gente è arrabbiata dalle continue notizie che danno i telegiornali delle scosse di terremoto: così non verrà più nessuno per la paura, si dicono l'un l'altro. Solo i bambini sembrano aver dimenticato: corrono, ridono, saltano, gridano felici e strappano un sorriso anche agli anziani più tristi. Una cosa colpisce quest'anno andando in abruzzo, la gioia delle persone nel vedere che qualcuno torna nella loro terra non per aiutare, non per curiosare, solo per condividere con loro la bellezza della natura e la voglia di ricominciare. Forse hanno solo bisogno di vedere che noi non abbiamo paura di tornare in quei luoghi per vincere la loro.
1 commenti:
Penso che, tra la gente, la voglia di tornare alla normalità sia grande.
E il ritorno alle certezze che il terremoto ha scardinato presuppone dimenticare la paura...
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